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giovedì 19 aprile 2012

Silvia Mei
REINCARNATI IN NATURA
a cura di Carolina Lio
dal 21 aprile al 12 maggio 2012

INAUGURAZIONE: sabato 21 aprile ore 18:30

Sabato 21 aprile alle ore 18.30 l’Underdogstudio di Modena presenta ReIncarnati in Natura, prima mostra personale di Silvia Mei. L’artista, tra i vincitori della prima edizione del Premio O.R.A., esporrà una serie di opere recenti in bilico tra ironia, poesia e violenza.
Scrive Carolina Lio nel testo di presentazione alla mostra: (…) Silvia Mei cerca di costruire un essere che tende all'infinito dell'errore, seppellendo l'immagine mediatica perfetta e plastica dell'uomo di oggi e riportandolo a nuova vita, "reincarnandolo in natura", ovvero restituendogli le imperfezioni, la deformità, i caratteri disarmonici, ridando dignità a quella bruttezza caotica del mondo grezzo, nudo e crudo, che agendo in modo casuale e non calcolato vive in un caos creativo dove la forma delle cose è solo una delle tante combinazioni possibili e non un progetto preciso. Naturalmente questa umanità così poco curata da essere senza dubbi selvatica, vive in una natura anarchica, senza tracce di urbanizzazione, lontano da ogni tipologia di civiltà così come viene comunemente intesa. I suoi personaggi sembrano una comunità di freaks, di lebbrosi, di emarginati sociali, in esilio nei boschi, dove mimano senza ben ricordarle le regole del mondo.


venerdì 9 marzo 2012

Agnese Guido / Stefano Serusi
TRAME PARALLELE
a cura di Andrea Lacarpia
dal 17 marzo al 7 aprile 2012

INAUGURAZIONE: sabato 17 marzo ore 18:30

Sabato 17 marzo alle 18:30 l’Underdogstudio di Modena inaugura TRAME PARALLELE, doppia personale di Agnese Guido e Stefano Serusi, a cura di Andrea Lacarpia.

TRAME PARALLELE è il primo appuntamento di un ciclo di mostre che, con cadenza irregolare e in location diverse, vedrà protagonisti due artisti le cui ricerche possano contaminarsi e dialogare trasversalmente, mantenendo al contempo intatte le proprie specificità linguistiche.


Quando si ha a che fare con l'opera di un artista, si aprono diverse possibili fruizioni: si può utilizzare un freddo punto di vista formale, magari sfoderando la propria erudizione in materia, oppure optare per una lettura più legata al sentimento e all'interiorità. Entrambe le modalità sono valide, dato che ogni opera è un'intreccio di motivazioni interiori e scelte estetiche, ma spesso la prevalenza della cura formale fa sì che tutto si riduca ad un'automatica ripetizione di codici stilistici già noti e accettati.
Agnese Guido e Stefano Serusi utilizzano mezzi espressivi differenti, pittura istintiva e gestuale l’una, assemblaggio e ricontestualizzazione di oggetti ed immagini preesistenti l'altro, ma con un'affine libertà nel modificare la forma del proprio linguaggio in modo fluido, per raccontare il proprio essere al mondo senza vincoli e preconfezionamenti. La mostra si delinea come il punto d'incontro e quasi di sovrapposizione delle ricerche di entrambi gli artisti, dalla simile propensione all'atteggiamento romantico di mitizzazione dei moti interiori, ai quali le forme si adeguano in una dinamica metamorfosi. Una parte dello spazio dell'Underdogstudio viene letteralmente invasa dall'installazione di Agnese Guido “Tua madre non spruzzava il profumo nell'aria e ci passava dentro?”, un ambiente tappezzato da carte dipinte, allestite e sovrapposte liberamente sulle pareti, come fossero giganti block notes nei quali l'artista ha appuntato le proprie visioni. Sogni e quotidianità si confondono, combinati e descritti con immediatezza come frammenti di realtà, vissuta con veloce e vorace intensità. Tra le carte dipinte, un cuscino accoglie un cioccolatino e potenzia la dimensione quasi domestica dell'ambiente, mentre il poster con il titolo dell'installazione, stampato a grandi lettere come fosse un manifesto, ribadisce l'aspetto narrativo ed anarchico, un gioco nel quale nulla viene preso troppo sul serio. Più riflessivo è invece l'approccio di Stefano Serusi, il quale presenta un gruppo di opere  di piccolo formato, suggestioni e frammenti legati alla dicotomia resa – aggressività, indagata nei suoi aspetti personali e sociali. La serie Introbio presenta personaggi che appaiono immersi nelle loro attività; le stampe, e le cornici che le contengono, sono ricoperte da un pattern mimetico semitrasparente, che rimanda all'aggressività militare, bilanciata dalla rassicurante colorazione azzurra delle macchie. Gli stereotipi di bellezza e femminilità vengono ribaltati nell'opera "Barbara nella folla", composta da un mattone avvolto da un foulard annodato, corpo del reato che documenta l'atto violento attuato da una donna spinta dai propri ideali. Ad un personaggio maschile è invece associato il messaggio di "Lorca in italiano": un basco ospita frammenti delle poesie di Garcia Lorca, ritagli che sembrano nascosti per superare la censura. Infine, "Thank you for the Modernism" ritrae un elegante giovane in abiti indiani,  foto d’epoca dal raffinato esotismo, che l’artista ha scelto di accostare all’opera di Carlo Spiga in cui compare una scena di lotta.
Frammenti di immagini, parole e oggetti appartenenti all'esperienza dei due artisti convivono e dialogano, senza ideologie, aprendo il processo creativo a nuovi e inattesi sviluppi. (Andrea Lacarpia)

* UNDERDOGSTUDIO + PITTURA PUNK
In occasione della mostra ci sarà la presentazione del numero zero del free press PITTURA PUNK a cura di Michael Rotondi con testi di Olga Sgobio.

domenica 4 dicembre 2011

FABLES OF DECONSTRUCTION
Chen Li / Andrea Palamà
testo critico di Giovanni Matteo
dal 26 novembre al 22 dicembre 2011

INAUGURAZIONE Sabato 26 novembre ore 18.00



Il rapporto tra uomo, arte e natura potrebbe essere la chiave di lettura più immediata per confrontarsi con i lavori di Andrea Palamà e di Chen Li che, utilizzando lo stesso mezzo, quello della pittura - e con un atteggiamento apparentemente simile - ne interpretano in realtà due polarità opposte. 

Il percorso di Andrea Palamà si inscrive nel cammino storico dell'arte occidentale, che ha sempre guardato alla natura con meraviglia ma anche con diffidenza, considerandola come altro dall'uomo, oggetto di studio, rappresentazione, riflessione, proiezione. La terra, le acque, il cielo, la vegetazione, sono evocate dalle sue pennellate dagli accostamenti cromatici inattesi eppure armoniosi, ma l'artista fa emergere in questo intrico, talvolta in modo subdolo, l'uomo. E lo fa tracciando deboli ma riconoscibili segni della sua presenza: figure, silouette, fragili segni di antropizzazione. Non a caso gli abitanti umani delle sue tele si presentano con l'apparato iconografico del viaggiatore, dell'esploratore, del cacciatore.
Chen Li, pur essendo saldamente ancorata alle istanze della pittura contemporanea europea, tradisce una consapevolezza profondamente orientale nel riconoscere la natura come maestra. L'artista non rappresenta la natura ma si identifica con essa, agisce come lei: i suoi verdi, i suoi grigi, le sue pennellate ampie e corpose sono natura. Suggeriscono profumi, suoni, sensazioni tattili. Si espandono seguendo i ritmi e la musicalità imprevedibile della vegetazione e della terra. 
Anche nella pittura di Chen balenano di tanto in tanto corpi estranei, in cui si possono riconoscere quelle che potrebbero sembrare presenze umane o animali ma che sono, più credibilmente, frammenti del percorso millenario dell'arte come rappresentazione. Forse sono semplicemente figure. Che la pittura di Chen - come fa la natura con i nostri ruderi - avvolge, accoglie, assorbe.


Giovanni Matteo




sabato 15 ottobre 2011

DIES IRAE
Emanuele Puzziello
Testo critico di Giovanni Matteo
dal 22 ottobre al 19 novembre

INAUGURAZIONE: sabato 22 ottobre ore 18:00

Sabato 22 ottobre alle 18:00, l’Underdogstudio di Modena inaugura DIES IRAE, prima personale modenese di Emanuele Puzziello, giovane artista pugliese la cui ricerca gravita nell’ambito di una pittura figurativa atemporale, mediata attraverso l’esperienza della contemporaneità.

Dies irae, il giorno dell'ira, quello in cui Dio formatterà il nostro mondo, ma anche il giorno in cui “quidquid latet, apparebit”, il giorno della rivelazione assoluta e definitiva dell'arcano.
Nonostante i toni (appropriatamente apocalittici) della composizione medievale da cui Emanuele Puzziello ha tratto il titolo della sua personale, da questi versi non sembrano trasparire terrore o angoscia, ma una sorta di ansia venata di esaltazione, forse per l'urgenza di toccare la verità nascosta dietro la materia che va finalmente sgretolandosi.

Le tappe del cammino interiore dell'artista corrispondono alle scelte che contraddistinguono la sua produzione degli ultimi anni.
La ricerca dello shock attraverso accostamenti inusuali, violenti, offensivi – come in “Disciplina”, in cui delinea un “bobby” londinese armato di sex toys – riflette la volontà di divergere dalla realtà quotidiana per guardare oltre, superare le codificazioni che escludono tutto quello che nell'uomo è profondo, imperscrutabile, inatteso.
Nella serie “Stato di Alterazione” il pittore cerca di cogliere testimonianze di una verità invisibile nello sguardo allucinato di una suora in preda ad un'isteria misticheggiante, nel volto affondato tra le mani giunte di un orante, nell'aura grigiastra emanata da un penitente.
La produzione più recente testimonia il passaggio dell'artista dall'altra parte, oltre la realtà distorta ad arte per farla traballare, dietro lo sguardo del mistico... Davanti alla visione, ma senza l'abbandono dell'estasi, impugnando l'arma della pittura, che si configura infine come mezzo e contemporaneamente manifestazione dell'assidua ricerca di una verità che vada oltre il visibile.
Se una più generica spinta verso lo spirituale si era precedentemente espressa nel suo lavoro attraverso la messa in opera di rappresentazioni monolitiche, in cui un vero e proprio “soggetto”, con il suo apparato di simboli ed attributi, domina lo spazio compositivo come nelle icone bizantine, nei lavori più recenti il pittore rinuncia a rigide strutturazioni per vomitare sulla tela immagini complesse e fluide allo stesso tempo. Figure umane, creature mostruose, paesaggi naturali confluiscono disinvoltamente nello spazio del dipinto che diventa una dimensione parallela in cui le figure si svestono dei loro valori simbolici ed estetici consolidati per raggiungere un reciproco equilibrio completamente inedito.
In “Crepuscolo e Gloria” una sorta di crocifisso nudo e levitante si eleva e si espande nelle sue cromie morbide, calde e pulsanti al di sopra di una folla che si agita convulsamente, descritta con tinte fangose e pennellate affiancate e sovrapposte con una violenza sapientemente compressa.
In “Melancolia” Emanuele sembra attuare il dispositivo della “ridondanza dello sguardo” ampiamente sperimentato da Friederich nei suoi paesaggi: lo spettatore reale si ritrova alle spalle degli spettatori dipinti e può osservare la scena dalla loro stessa prospettiva. Accade, però, che qualunque processo di identificazione salti, insieme alle speranze di scovare il sublime. Forse perché la ragazzina si gira verso lo spettatore, distogliendo lo sguardo dalla scena, forse perché non siamo di fronte ad un desertico ed evocativo paesaggio alla Friederich ma ad un'enorme testa dormiente che giace capovolta al suolo.

È l'inaspettato che l'artista evoca, mentre si confronta con la complessità, mettendo in gioco la sua cultura e la sua esperienza nella pratica pittorica.
Manca in questi lavori qualunque riferimento all'esperienza comune o quotidiana e non sono evidenti richiami iconografici alla storia dell'arte né alla cultura visiva popolare, eppure non siamo di fronte ad immagini ipnagogiche, né a visioni lisergiche: Emanuele non cerca di stupire o di concentrarsi su un suo mondo privato, ma allo stesso tempo non auspica uno sconfinamento del ruolo del fruitore perché si attui una forma di comunicazione tra la realtà esterna e quella interna al quadro. Questi lavori sono enunciati chiusi, incomprensibili ad un processo di lettura attuato secondo un sistema di segni condiviso, immediatamente intuibili se accettati come piccole, sottili illuminazioni.


Giovanni Matteo


sabato 1 ottobre 2011

L' Underdogstudio nella giuria di Premio O.R.A.



Il Premio O.R.A. è rivolto a tutti gli artisti senza limiti di età, nazionalità e mezzo espressivo. E' nato per offrire opportunità solide all'interno del sistema dell'arte italiano e per creare contatti reali e concreti tra gli artisti e alcune delle gallerie più attive su tutto il suolo nazionale.

Una giuria di ben 20 galleriecoordinate da una supervisione curatoriale di Carolina Lio, valuteranno direttamente tutte le opere iscritte e sceglieranno ciascuna un artista a cui sarà dedicata una mostra personale nei loro spazi.


I 20 vincitori avranno, quindi, la possibilità di essere contattati da galleristi realmente interessati al loro lavoro e di realizzare il proprio progetto espositivo completo di parte critica, comunicazione e gestione commerciale, comparendo inoltre sul catalogo finale del premio.


Le iscrizioni sono aperte fino al 15 Ottobre 2011


Visita il sito  http://www.premio-ora.it/giuria

martedì 6 settembre 2011

SPAZIO VITALE _ lebensraum
Luigi Massari, Andrea Palamà, Emanuele Puzziello, Patrizia Emma Scialpi
a cura di Luiza Samanda Turrini
dal 16 settembre  al 15 ottobre 2011

INAUGURAZIONE: Venerdì 16 settembre ore 18:00


L’Underdogstudio inaugura la nuova stagione espositiva aderendo al programma del Festival della Filosofia sul tema della Natura.
Venerdì 16 settembre alle 18:00, Luigi Massari, Andrea Palamà, Emanuele Puzziello e Patrizia Emma Scialpi presentano SPAZIO VITALE_lebensraum.

Lo spazio vitale è un concetto dell’etologia, sulla gestione del proprio habitat. Quest’idea passa dalla biogeografia alla geopolitica, viene estremizzata e diventa lebensraum, quello che il Reich nazista deve crearsi a scapito delle nazioni confinanti.
Underdogstudio mostra come ogni spazio vitale sia effimero, e come ogni ciclo si chiuda con la morte.

Scrive Luiza Samanda Turrini nel testo di presentazione alla  mostra: (…) I corpi umani cambiano di stato e di status, ponendo le basi della catena alimentare di cui si sentono al vertice. Non c’è potere che tenga, tutte le scale gerarchiche vengono scompaginate.
Vegetale è considerato il contrario di animale, eppure le trachee e i condotti venosi sembrano reticoli di rizomi, incuneati nell’albero del corpo. Animale è considerato contrario di umano, ma nel rito di passaggio emergono i limiti dell’umano e la necessità di qualcos’altro che lo integri.

Dipinti su carta e su tela, fotografie e disegni. Installazioni di materiali eterogenei, fitte, competitive, fitomorfe. In sviluppo verticale come un rampicante, impegnate in un serrato dialogo con le suggestive immagini create dai quattro artisti.


http://www.festivalfilosofia.it/2011/underdogstudio

sabato 4 giugno 2011

11 giugno / 2 luglio 2011
CUORE DI CANE
Enrica Berselli, Camme, Francesco Cuna, Pasquale De Sensi, Salvatore Masciullo, Giovanni Matteo, Andrea Palamà, Cosimo Piediscalzi, Emanuele Puzziello, Patrizia Emma Scialpi, Marcello Tedesco, Giulio Zanet

Inaugurazione Sabato 11 giugno 2011 ore 19:00


Sabato 11 giugno alle 19:00 l’Underdogstudio di Modena inaugura CUORE DI CANE, progetto collettivo che vede coinvolti dodici giovani artisti italiani le cui personali ricerche tracciano percorsi tra loro dissonanti, spaziando con disinvoltura dalla pittura al collage, dal disegno alla fotografia digitale.
UNDERDOG (sottocane / perdente in partenza) è un termine comunemente usato nel gergo delle scommesse sportive: indica il partecipante ad una competizione o ad un concorso che è ritenuto un perdente scontato. Il team o l’individuo previsto come vincitore è chiamato top-dog. Nei rari casi in cui un underdog vinca, il risultato è definito upset (sconvolgimento). 
L’Underdostudio gioca a rimescolare semanticamente e concettualmente la propria identità, invitando gli artisti a reinterpretare il simbolo dello spazio espositivo: una creatura ibrida uomo-cane, ad un tempo metafora della condizione umana nella società attuale e allegoria dello status di outsider all'interno del sistema ufficiale dell'arte.
Partendo da questa suggestione il progetto è stato intitolato CUORE DI CANE, come l'omonimo romanzo di Michail Bulgakov, storia della trasformazione chirurgica di un cane in un uomo, con chiaro intento parodico e satirico nei confronti della società sovietica di quegli anni.

(...)"Mai più uomini, altro da essi, lanceranno i loro eserciti alla conquista di una nuova identità umana, o forse solo per attestare il caleidoscopico canile che la società è diventata, in preda a salivazioni pavloviane di fronte a consumismi e sete di potere.
E non è forse che di notte i latrati s’alzano lunghi senza più frontiere e nessuno può star più certo che si tratti soltanto di cani?"

Gioia Perrone